14a domenica del TO - anno B
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti,
ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste
cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come
quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di
Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue
sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. (Mc 6, 1-4)
Quando conosci da tempo una persona sai vita, morte e miracoli, come si suol dire: si tende ad enfatizzarne i difetti e facilmente si punta il dito. Invece, una persona conosciuta da poco si apprezza subito, perché è facile notare il suo carisma. Fa colpo. Per questo motivo, noi che viviamo nel quotidiano la nostra fede siamo bersagliati da più critiche.
Soprattutto è rilevata la nostra incoerenza. Molti, infatti, dicono di non frequentare la chiesa perché ci sono io come parroco o per la presenza di alcune persone. Insomma si pretende una perfezione impeccabile. Con questo non voglio giustificare scandali o scelte sbagliate. Sottolineo solamente che si cresce camminando insieme, nei pregi e nei difetti.
La forza della testimonianza viene, infatti, da una Parola accolta nel discernimento. E' essa stessa che illumina il cammino, lasciando intravedere le zone d'ombra; facendo, così, rifulgere lo splendore del Vangelo. D'altronde, è Dio che sceglie la debolezza per far emergere la forza della sua grazia. Purché si creda che effettivamente la buona novella sia una valida proposta di vita.
Penso a Gesù che è rifiutato nel suo paese natale: i suoi connazionali non vedono in Lui la Parola che si fa vita. Lo giudicano per le sue umili origini e secondo loro non è degno di essere il Messia. Lo mettono da parte, lasciandosi condizionare dai loro pregiudizi: si aspettavano ben altro. E' il rischio che corriamo anche noi!